Oggi parlano tutti. Ma non ci sono le parole che servono.
Quelle parole senza suono e senza vergogna che innalzano un muro di dolore e odio. Quelle parole che premono sul petto restando oppresse senza trovare uscita.
I miei colleghi si perdono nel gioco dei fanciulli. Il gioco degli indovinelli.
Gli dèi gli hanno concesso l’opportunità di restare in silenzio. Invito non esattamente compreso. Per dispetto, sembra che abbiano rispolverato gli appunti di Scienza delle Costruzioni. Alcuni si stanno “scienziando” sulla sabbia tracciando linee senza senso e raccogliendo il macabro interesse di qualche amico annoiato sulla spiaggia.
Col senno di poi ho scoperto che la nostra specie osserva l’ovvio con la vanità del rinoceronte.
Ho cosparso il mio capo di cenere e ho camminato con gli occhi bassi per qualche chilometro fino ad arrivare alla ferita.
L’aria inizia a pesarmi sulle spalle. Non troppo tempo fa c’ero anche io lassù, in quello spazio di vuoto. Ma a nessuna delle famiglie sedute sul marciapiede di via Walter Fillak frega minimamente. Né, tanto meno, di questo o quel motivo che li ha trascinati per i capelli fuori di casa. Non ci sono le parole che servono.
Gli dèi ad agosto vanno in vacanza e tu resti là con gli occhi fissi. Spaventato ed incredulo. Un’abilità che avevo appreso anni prima e che non sapevo insegnare.
Poco più in là il campeggio estivo delle televisioni. Un accampamento di formiche operaie che filmano, montano e trasmettono in qualche parte del globo.
Si resta smarriti a guardare dalla balconata osservando l’inconcepibile. Interi minuti senza battere ciglio. Senza sentire il bisogno di capire. Oltre il cordolo della polizia, i protagonisti, quelli veri. Noi, solo stupidi spettatori. Dietro di me un Vigile del Fuoco mormora qualcosa dalla camionetta. Mi avvicino al suo richiamo senza fretta. Senza chiedere di capire. Non ci sono le parole che servono. Le uniche parole restano intrappolate nella gola. DRAGO ritorna dalla sua staffetta. Il silenzio è quel precipizio che non ha odore e non ha una fine.
Sarà un’altra lunga notte.
La reporter francese alla mia destra inizia un nuovo collegamento. La telecamera fissa che scruta il movimento dei mezzi tra le macerie mentre il sole schiaccia come un martello.
Mi allontano col vasino pieno. Senza aver capito. Senza volerlo fare.
Sulla mia testa DRAGO riparte per un altro giro di giostra mentre gli dèi sono in vacanza.
Senza avere le parole che servono.