«Cinque, quattro, tre, due, unoooo…BUON ANNO!»
Da questo esatto momento in poi iniziano i guai seri!
Il nuovo anno professionale sarà uguale a quello precedente…se non peggio! E questo tu lo sai!
In meno di 7 minuti dallo scoccare della mezzanotte sarai sopraffatto da due stati emotivi contrapposti.
Peraltro caratteristici dei disturbi manico depressivi.
Dapprima sarai avvolto da un sentimento di estrema malinconia.
Forse non sarà stato l’anno perfetto, magari avresti voluto “spremerlo” un po’ di più, sia sul piano professionale che su quello umano. Certamente è stato caratterizzato da momenti estremamente tristi che hanno inciso sul tuo piano emotivo così come ci sono stati momenti di gioia, spensieratezza e appagamento. Qualunque sia il risultato, in ogni caso, l’anno appena trascorso costituisce parte irrinunciabile della tua vita. Qualcosa che non si può più ripercorrere. Proprio per questo, così quando si assume la consapevolezza di dover lasciare qualcosa per sempre, il nostro cervello altera la produzione dei neurotrasmettitori, tra cui la serotonina, arrecandoci un stato emotivo di malinconia, mista a tristezza.
Al tempo stesso, assumerai una nuova consapevolezza: il nuovo anno ti aprirà nuove opportunità.
La possibilità di rimetterti in gioco e prenderti una rivincita sugli anni passati. Insomma il nuovo anno è sempre carico di energia pulita che è fondamentale non disperdere. I primi giorni dell’anno costituiscono difatti il propulsore in grado di persuaderti che qualsiasi obiettivo può essere raggiunto.
La verità tutta intera, è che non cambierà niente!
Esattamente come tutte le reazioni veicolate da stati euforici, in meno di qualche settimana la spinta motivazionale sarà attenuata, e presto tornerai a ricoprire il tuo solito posto nella routine quotidiana, reiterando le dinamiche comportamentali del passato.
Oramai questa non dovrebbe costituire una grande scoperta per te.
Secondo le ricerche effettuate negli ultimi 6 anni dal Statistic Brain Research Institute, meno dell’ 8% degli individui raggiungerà a fine anno i suoi “buoni propositi”.
Dopo circa un mese, solo il 64% continuerà a mantenere fede ai suoi obiettivi, mentre, dopo circa 6 mesi, la percentuale scenderà già al 46%.*
* Le ricerche si riferiscono alla popolazione americana.
Per superare questo problema, qualsiasi bravo consulente ti parlerebbe della necessità di impostare un piano per i tuoi obiettivi professionali e, magari, se disponesse di un eloquio coinvolgente e persuasivo, sfodererebbe come carte di sicuro effetto due citazioni simbolo di Walt Disney e Antoine de Saint-Exupéry, ammiccandoti con un sorriso pieno di tracotanza.
« La differenza tra un sogno e un obiettivo è semplicemente una data.»
Walt Disney
«Un obiettivo senza un piano è solo un desiderio.»
Antoine de Saint-Exupéry
Ovviamente in qualità di business architect per le principali società italiane e business coach per gli architetti, non posso certo venderti questo sterco come succulento roast beef. Tanto più perché tutto questo non ti basterà per portare reddito alla tua attività professionale ma, al limite, genererà un tiepido e inconcludente appagamento per il cuore.
Insomma il modello “Set your goals” (“Imposta i tuoi obiettivi”), “Schedule them!” (“Programmali!”) e “Track your progress” (“Monitora i tuoi progressi”) è roba da consulenti di serie B. Così come il modello SMART secondo cui un obiettivo deve essere “Specific” (specifico), “Measurable” (misurabile), “Achievable” (raggiungibile), “Realistic” (realistico), “Time-Based (Temporizzabile). Roba da anni 50!
“Alberto, stai dicendo che è tutto sbagliato?”.
Beh, non esattamente!
Il problema sta a monte. Agli architetti mancano le gambe!
Il punto non è se a fine anno farai parte di quel 8%!
Il punto è: “sei proprio sicuro che stai perseguendo gli obiettivi giusti?”.
«Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare».
Lucio Anneo Seneca
Come vedi il problema è di altro tipo.
Il nuovo anno produrrà gli stessi risultati dell’anno precedente se non cambierai il modo di pensare la tua attività professionale.
Per farti capire cosa intendo, chiederò aiuto a Seth Godin.
In questo momento è irrilevante che conosca o meno questo signore.
Leggi la frase qui sotto:
«People do not buy goods and services. They buy relations, stories and magic».
Seth Godin
“Le persone non comprano beni e servizi. Comprano relazioni, storie e magia”. Che cosa significa questo per te?
Prima di rispondermi, ti pongo un’altra domanda più concreta. Anzi più di una!
Chi compra un Rolex, sta comprando un orologio?
Chi acquista una Ferrari, sta acquistando una macchina sportiva?
Chi acquista una casa, sta comprando dei muri con delle finestre?
Chi sottoscrive un servizio con ArchitettoClub, sta acquistando un servizio di consulenza?
Chi sta entrando da Starbucks, sta per acquistare un caffè con una ciambella?
Se la tua risposta è “sì”, allora devo confidarti che la tua attività professionale è in guai seri. Non basteranno neppure i minimi tariffari o le sovvenzioni statali a farti resuscitare. 🙁
Se la tua risposta è “sì” , significa che stai offrendo un servizio professionale generalizzato e che il tuo “prodotto” professionale costituisce un bene fungibile, dunque facilmente sostituibile. In altre parole, il tuo servizio professionale rappresenta per il mercato una commodity.
La risposta giusta alle nostre domande è un semplice “no” o, in alternativa, “anche”.
Chi acquista Rolex sta acquistando uno status sociale! Sta trasmettendo alle persone intorno che può permettersi un Rolex perché la sua posizione economica gli offre la possibilità di poter spendere come importo base almeno 4500 euro per un orologio. Il prodotto in sè è quasi ininfluente. Non è importante la realtà, ma la percezione della realtà. L’orologio in sè costituisce solamente un vettore per questi messaggi.
Analogamente per Ferrari! E’ naturale che sia una macchina di eccellenza, così come è scontato che Rolex sia un orologio di prestigio, ma un cliente Ferrari non sta acquistando semplicemente una macchina sportiva, ma sta acquistando una sensazione, uno stato d’animo. Sta dicendo: “ehi amico! io ho una Ferrari!”.
Al tempo stesso chi sottoscrive un servizio con ArchitettoClub, non sta sottoscrivendo un servizio di consulenza, ma un’esperienza di crescita professionale che lo porterà a vivere la sua attività professionale come l’ha sempre desiderata. Così come chi entra in Starbucks, non sta semplicemente entrando in una caffetteria americana. Esistono posti migliori per prendersi un caffè espresso. Entra in Starbucks per vivere un’esperienza di intrattenimento dove poter semplicemente trascorrere del tempo con degli amici o aprire il proprio laptop e mettersi a lavorare sotto la connessione WI-FI gratuita.
In qualsiasi altro posto ti direbbero di sloggiare se non consumi!
Al contempo, chi acquista una casa, non sta acquistando dei muri con delle finestre ma, ad esempio, sta acquistando il sogno di stare sdraiato su un divano più grande e godersi il nuovo salotto per ospitare gli amici il sabato sera o guardare le serie tv in prima visione nelle fredde sere d’inverno. Cosa che prima non poteva fare perché la casa era piccola e “malingraiata” e a mala pena c’era il “pisciaturo”.
Che cosa significa tutto questo?
Essenzialmente che devi modificare il tuo modello professionale o, come diciamo qui ad ArchitettoClub, il tuo modello di business professionale, intendendo con questo il modello professionale adoperato da un libero professionista ai fini della creazione di un reddito da lavoro autonomo non subordinato.
Per far questo devi cambiare visione! Devi modificare il tuo approccio al mercato. Il mercato non è un ricettore del tuo servizio professionale. In presenza di servizi succedanei se non identici al tuo, il mercato sceglierà sempre il servizio che costa meno! Ma cosa succederebbe se smettessi di pensare che, ad esempio, un procedimento di sanatoria non è una pratica edilizia finalizzata alla regolarizzazione amministrativa di una unità immobiliare ma solamente il mezzo per offrire al tuo cliente delle notti tranquille senza più pensieri per la sua casa?
Hai mai iniziato a pensare in questi termini?
Come vedi non è poi così difficile modificare il proprio approccio professionale e sarà tanto più facile quanto più velocemente ti scollerai dal vecchio modello professionale del libero professionista che affonda le sue radici nello stereotipo preindustriale (insediamento dello studio in una zona centrale della città, giro di conoscenze e – per magia! – clienti a fiumi!).
Come scrivevamo nello scorso articolo, citando il Direttore di Zaha Hadid Architects, Patrik Schumacher, se desideri conseguire determinati obiettivi personali o professionali devi progettare anticipatamente ogni singola mossa per realizzarli.
L’opportunità non è qualcosa che capita all’improvviso! E’ sempre il risultato di una progettualità operata a monte.
Il punto non è impostare dei chiari obiettivi professionali, schedularli e persistere finchè non arrivano i risultati. Anche se lo facessi, procederesti comunque su una rotta sbagliata.
Il punto è smettere di fare le stesse cose del passato. Smettere di pensare che “qualche Santo sarà!” ed acquisire la chiara consapevolezza che il tuo modello professionale è inadeguato per il mercato odierno e va cambiato.
L’inizio del nuovo anno è un ottimo momento per prendersi una pausa e iniziare a modificare il proprio approccio al mercato da parte dei liberi professionisti.
Non pensare di essere l’unico a farlo!
Il nostro business core è orientato a società di capitali e potresti sorprenderti che realtà più strutturate della tua manifestino lo stesso problema. E sai perchè?
Parafrasando Rolex, perchè stanno vendendo un orologio!
Vale dunque la pena di ricordare questa frase.
«People do not buy goods and services. They buy relations, stories and magic».
Seth Godin
“Ma da dove dovrei partire?”.
Buona prassi impone di analizzare il tuo mercato di riferimento, valutandone le richieste, definendo successivamente una strategia che posizioni il tuo servizio professionale al primo posto nella mente del tuo cliente. In relazione a questa dovrai progettare la tua strategia di acquisizione clienti rivolta ad offrirgli valore, già al primo gradino del tuo processo, senza che necessariamente egli sia già divenuto tale.
Ovviamente il cappello, sono i valori che il tuo servizio professionale vuole trasferire al potenziale cliente. Questo è spesso un tasto dolente. Pazienza i liberi professionisti o i piccoli studi di architettura, che al più possiamo giustificare, tuttavia osservo meravigliato che persino società di capitali più strutturate non abbiano definito una mission ed una propria vision ma stiano vendendo semplicemente un servizio (con tutte le implicazione che abbiamo visto sopra).

Spesso il servizio professionale offerto è un prodotto di eccellenza! Tuttavia, il più delle volte, agli architetti mancano le gambe! Così si finisce per presentare al mercato un servizio, magari, altamente professionale ma poco attraente, scarsamente differenziato dalla concorrenza e che ha tutte le caratteristiche di un bene fungibile.
In questi casi, non ci sono minimi tariffari che tengano. E’ necessario cospargersi il capo di cenere e con buona umiltà ripartire dal mercato e dai valori che si vogliono trasferire ad esso.
E chissà che questa volta non sia davvero un buon anno!